
10 Mag Cosa devi sapere riguardo l’attrezzatura e la manutenzione della stessa per volare in sicurezza
Il problema della scelta dell’attrezzatura: Quale parapendio? Quale selletta?
L’esperienza nata dall’osservazione dei problemi di sicurezza sorti nelle scuole di volo libero ci ha insegnato a prendere in massima considerazione le diverse caratteristiche di pilotaggio tra una vela e un’altra e i diversi tipi di selletta sul mercato: alcune vele hanno necessità di un pilotaggio delicato perché sono reattive e sentono di più la turbolenza; altre sono più ferme, meno sensibili, ma più stabili. Alcune sellette hanno gli attacchi bassi con la conseguenza che i freni del parapendio risultano più lunghi e meno efficaci; altre hanno gli attacchi alti e ci si trova con i freni corti col pericolo di andare in stallo senza accorgersene..ecc..
Questi problemi vengono risolti attribuendo con una scelta responsabile da parte dell’istruttore un’attrezzatura adatta e bilanciata alle caratteristiche di ogni allievo, fin dal primo volo da solista.
Solo gli Istruttori della Scuola sono in grado di operare queste scelte con la dovuta sensibilità, conoscenza dei materiali e, soprattutto, conoscenza dell’allievo, che di volo in volo verrà edotto sul “modo d’uso” della nuova attrezzatura e sulle tecniche per sfruttarne appieno le potenzialità.
Principalmente per questa ragione, la Scuola ci tiene a fornire personalmente ai suoi allievi le vele e le sellette migliori in fatto di sicurezza e prestazioni, garantendone la qualità.
E dopo la scelta? Come essere certi di volare in sicurezza?
Vele, sellette, paracadute di emergenza, non forniti direttamente dalla Scuola, dovranno essere necessariamente approvati dagli Istruttori mediante verifica della loro funzionalità, regolazione a misura dell’allievo e collaudo in volo.
Ma dopo? Cosa deve sapere un neo pilota per garantirsi di volare in sicurezza anche dopo aver conseguito il brevetto?
In cosa consiste l’usura della vela e cosa fare per garantirsi un volo sicuro?
I fenomeni come l’effetto dei raggi UV-A sulla vela, l’abrasione che subiscono i tessuti quando vengono trascinati per terra e i carichi di rottura dei cordini che con l’invecchiamento si riducono, meritano un’ attenzione particolare.
Cosa deve fare un pilota non appena si rende conto del degrado della sua ala? E’ della massima importanza per la sicurezza che la porti immediatamente da un velaio qualificato per una revisione completa, evitando ovviamente di metterla in vendita.
È difficile stabilire per quanto tempo la nostra vela conservi l’integrità e le caratteristiche di volo necessarie a volare in sicurezza, perché entrano in gioco elementi come il tipo di uso e la manutenzione. Tuttavia una revisione della vela, presso un velaio qualificato, ogni 100/150 ore, come indicato da tutti i costruttori sul loro manuale di istruzioni, è doverosa e permette al pilota di volare tranquillo e sicuro.
Ma entriamo nei dettagli che un pilota deve conoscere
In cosa consiste l’usura dei cordini nei Parapendio di oggi e cosa è cambiato rispetto al passato?
Nel 1986 le vele non erano molto diverse dai paracadute e anche i materiali utilizzati per la loro costruzione erano quasi gli stessi. I cordini del fascio funicolare erano di nylon, ma le caratteristiche di elasticità di questo materiale presentavano dei problemi di assetto in volo. L’allungamento delle funi causava una nuova configurazione che veniva chiamata “stallo paracadutale”. Si trattava di una situazione in cui il parapendio assumeva una traiettoria di volo quasi verticale (6-8 metri al secondo di tasso di caduta).
In seguito a numerose verifiche, venne riscontrato che alcuni cordini si allungavano del 5 per cento circa, il che, con un fascio di 5 metri, significava una variazione di lunghezza di oltre 20 centimetri. Poiché la maggior parte del peso del pilota è appoggiata al fascio “A” (quello anteriore) la vela cabrava entrando gradualmente in “stallo paracadutale“.
Individuato il problema, vi si pose rimedio adottando cordini in Kevlar (Aramide) e Dyneema, materiali con un allungamento ridotto, dell’ordine dell’uno per cento.
Sistemati i cordini, ci si accorse che alcune vele avevano ancora problemi di assetto e di stallo. Questa volta la causa venne individuata nel tessuto delle vele: l’invecchiamento e l’esposizione ai raggi ultravioletti (UV) portava a un eccesso di porosità dei materiali. Ancora una volta l’adozione di nuovi tessuti più resistenti ridusse l’inconveniente.
Dopo aver misurato le funi di numerose vele da parapendio in uso a piloti di vario livello si è rilevato che alcune lunghezze non corrispondevano alle misure ufficiali dichiarate dai produttori. I parapendio osservati avevano un’età compresa tra uno e quattro anni ed erano stati utilizzati in ogni parte d’Italia. Una grossa percentuale di vele presentava un accorciamento tale da modificare completamente l’assetto a cabrare.
Le variazioni di lunghezza andavano da pochi centimetri fino a 12-13, misure che nei profili attuali possono comportare cambiamenti notevoli delle caratteristiche di volo.
Ma perché “accorciamento” e non “allungamento” come prima?
La principale teoria è che le funi bagnandosi assorbono umidità che poi, evaporando, provoca l’accorciamento della calza esterna, generalmente in poliestere intrecciato, che diventa portante in vece del cordino di kevlar o dyneema al suo interno.
Cosa può accadere a seguito dell’accorciamento dei cordini e quali rischi si corrono?
Una vela cabrata è pessima nel gonfiaggio e nella virata ed esce a fatica dagli stalli e dalle viti piatte negative. Nonostante tutto però continua a volare, e l’unico aspetto positivo è che, così cabrata, ha un angolo di incidenza maggiore ed è quindi meno soggetta alle ‘chiusure’. Se però si entra in una configurazione anomala, al rilascio dei freni la vela tende a non ridurre l’angolo di incidenza picchiando in avanti, manovra vitale per il ritorno in volo.
In genere l’accorciamento dei cordini è così distribuito: 0,5 per cento sui fasci A e B; 1 per cento sugli altri. Rispetto a un fascio di 8 metri risultano più corte di 4 centimetri le file anteriori e di 8 cm. le file posteriori.
Non solo, tra i cordini di una stessa fila (per esempio la A) ci sono sostanziali differenze di accorciamento.
La spiegazione logica è che una fune sottoposta a maggior carico si accorcia meno. A conferma di questo fenomeno abbiamo rilevato un ‘ritiro’ maggiore verso le estremità della vela dove il carico è minore.
Queste differenze poi non sono costanti e avvengono in base al carico che il cordino subisce in relazione alla sua posizione sulla vela e al tipo di uso che ne è fatto. Un esempio? Virare sempre dalla stessa parte o effettuare chiusure e spirali provoca carichi altamente asimmetrici che a lungo andare sballano tutti i rapporti di lunghezza tra i fasci A B C D.”
È molto importante chiarire che se i cordini si accorciano nel modo che abbiamo rilevato, i parapendio così cabrati sono completamente fuori omologazione, con seri problemi per la sicurezza.